Lumachetta, Lumachina e Lumacuscia, abitavano in una casettina piccina. Torno torno alla casettina piccina, c’era un orticello tutto verde. Nell’orticello, tre piantine sole: il basilico, la menta e il rosmarino.

Nella casettina piccina, si udiva per tutto il giorno, un suono di pioggerella d’estate: era il tic tic dei piedini veloci di Frica.

Frica era la servetta delle tre comari lumache.

 

Al mattino, da tre lettini di verdi foglie, spuntavan fuori le pallide cornella: - Friiii-ca!

Tic - tic - tic - tic...

Frica correva e portava la prima colazione.

Su tre foglioline di basilico, insalatuzza di menta e rosmarino.

E a mezzogiorno: - Friiii-ca!

Tic - tic - tic - tic...

Frica correva con il pranzo.

Su tre foglioline di basilico, insalatuzza di menta e rosmarino.

 
E alla sera, ancora: - Friiii-ca!

Tic - tic - tic - tic...

Frica correva con la cena.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Su tre foglioline di basilico, insalatuzza di menta e rosmarino.

Nella casettina piccina, le tre comari lumache ricamavano e ricamavano. Non facevano che ricamare, le tre comari lumache.

Ricamavan con fili d’argento, pallide foglie e petali di rose.

Ricamavano vesti leggere, alle farfalle e alle libellule lucenti.

Erano le più brave ricamatrici del bosco.

 

A quattro passi dalla casettina delle lumache, c’era il tetro tugurio dei ragni tessitori.

Nel tetro tugurio, i ragni tessitori filavano e tessevano.

Non facevano che tessere e filare, i ragni tessitori.

Ma ora i ragni tessitori si rodevano di gelosia.

Àela, la più leggiadra delle farfalle del bosco, aveva ordinato il suo velo da sposa alle comari lumache.

Non ai ragni tessitori, ma alle comari lumache, Àela aveva ordinato il suo velo!

Aria chiarissima di alba e raggi sottili del primo sole, filavano i ragni tessitori, per i veli da sposa.

Ma per il velo di Àela, le comari lumache avevan filato i raggi di luna e le limpide perle di rugiada.

 

Nel tetro tugurio i ragni tessitori si rodevano di gelosia.

Non volevano che quel velo arrivasse ad Àela. Proprio non volevano.

Dalla casettina piccina delle comari lumache, Frica era uscita all’alba. Portava il velo di Àela in uno scatolone fiorito.

Frica e il suo scatolone eran così leggeri, che sembravano portati dal vento.

Tic - tic - tic - tic...

 
Sull’erba volavano i piccoli piedi veloci.

 

 

 

 

 

 

Ma ora... che accade a Frica?...

I piedini si impigliano tra i cespugli.

E’ caduta, Frica.

Che accade, che accade mai a Frica?...

Quattro grossi ragni neri, quattro ragnacci calano giù: la toccano con le zampe pelose!

Tirano tirano un’orrenda rete, un’enorme ragnatela che la tiene tutta imprigionata.

 

Nel tetro tugurio dei ragni c’era tanto buio.

La luce traspariva appena da un pertugio tondo, tutto sbarrato da grosse, sporche ragnatele.

Nel tetro tugurio dei ragni, Frica singhiozzava forte ogni giorno.

Frica non era più la servetta delle graziose comari lumache, era la servetta dei brutti ragni tessitori.

I ragni tessitori erano padroni pelosi e cattivi. Ogni giorno pretendevano che Frica cuocesse per loro l’arrosto di mosche.

Lunghissime schidionate di gialle mosche.

Nel tetro tugurio dei ragni, Frica singhiozzava forte ogni giorno e aveva tanta paura.

 

Cicale e passerotti lo raccontarono alle comari lumache:

- Frica singhiozza forte nel tetro tugurio dei ragni.

Oh... bisognava liberare Frica!

Come potrebbero star chiusi in prigionia i piccoli piedi veloci?

 

Lumacuscia stava per partire per il lungo e difficile viaggio.

Con gli occhietti rotondi appuntati in cima alle pallide cornella, la guardavano stupite, Lumachetta e Lumachina.

Lumacuscia stava per partire per il lungo e difficile viaggio.

 
 

 

 

 

 

 

 

 


Per vederla ancora una volta, Lumachetta e Lumachina sporsero le pallide cornella al di là dell’usciolino. Ora Lumacuscia era scomparsa dietro una pelosa foglia di ortica.

 

La palla d’oro del sole, si affacciava appena dietro il monte.

Tra le grandi foglie umide dell’ortica, viaggiava agile, la piccola Lumacuscia.

La palla d’oro del sole, era altissima nel cielo.

Tra le foglie aride dell’ortica, viaggiava viaggiava, la piccola Lumacuscia.

La palla d’oro del sole, era stata inghiottita dietro la quercia nera.

Tra le foglie pungenti dell’ortica, viaggiava stanca la piccola Lumacuscia.

 

Cicale e passerotti lo raccontarono a Frica.

Da sette giorni e sette notti viaggiava, viaggiava la piccola Lumacuscia. Forse, fra tre mesi, sarebbe quasi arrivata.

 

 

 

 

 

Nel tetro tugurio dei ragni, ora Frica non singhiozzava più.

Di nascosto, sceglieva ogni giorno un filino della ragnatela più grossa.

Di nascosto, intesseva ogni giorno, una lunga e solida corda.

                 Un filino, due filini, tre filini...

                 Cento fili, per intesser questa corda.

                 Passa un mese, passan due, ne passan tre.

                 Passa un giorno, passa un’ora e un minutino...

Due cornella, due cornella!

Lumacuscia è già arrivata.

 

Come è stanca Lumacuscia!

Stanca, stanca, Lumacuscia.

Tanto stanca, Lumacuscia!

Nel tetro tugurio dei ragni, la piccola Lumacuscia riposava tanto stanca, sulla fresca manina di Frica.

Ora che i cattivi padroni non erano in casa, bisognava far presto a fuggire.

Giù, giù dal pertugio tondo, con la corda di cento fili...

Un bel volo ed ora... un salto.

Tic - tic- tic- tic...

 

Tic - tic- tic- tic...

Nella casettina piccina di nuovo si udiva, per tutto il giorno, un suono di pioggerella d’estate: era il tic - tic dei piedini veloci di Frica.

 

Ma al tetro tugurio dei ragni tessitori, aspettavano neri i corvi gendarmi.